Si applica anche ai sentieri e ai cammini il concetto di accessibilità universale: un percorso adatto a tutti – dalla persona con disabilità a chi è solo poco allenato, o ha bambini piccoli, o è avanti negli anni – è inclusivo e consente di avvicinare all’ambiente un grande numero di fruitori.
Tante sono le persone che si sono avvicinate al mondo dei cammini, soprattutto nei mesi durissimi della pandemia. Troppi, tuttavia, ne sono rimasti esclusi, per i motivi più disparati: età avanzata, problemi di salute, figli piccoli, paura (di non farcela, di perdersi). Dunque non solo alle persone con disabilità sono precluse queste esperienze, ma anche a molte (troppe) persone cosiddette “normodotate”. È urgente progettare gli itinerari slow avendo ben chiaro in mente il concetto di accessibilità universale.
Accessibilità, infatti, non vuole dire solo rispondere alle esigenze delle persone con disabilità dichiarata (circa 10 milioni in Italia, 127 milioni in Europa, secondo ENAT, European Network for Accessible Tourism), ma anche di tutti i fruitori, che sono persone con competenze, bisogni e desideri diversi.
E rendere un percorso accessibile non significa solo mettere a disposizione una via priva di barriere architettoniche, con dislivello minimo, possibilmente segnalata in modo chiaro e inequivocabile. L’accessibilità si misura anche dalla disponibilità dei servizi sul territorio, a cominciare dalla ricettività. La maggior parte dei nostri spazi di vita (e anche degli alberghi) sono progettati per utenti-tipo astratti, che non si ammalano e non invecchiano. Salvo attrezzare, nei migliori dei casi, spazi dedicati alle persone con disabilità unicamente per rispondere a un obbligo di legge.
E poi ci sono i servizi specifici per i diversi bisogni: la famiglia con bambini apprezzerà spazi e attività pensate per i più piccoli, così come la persona celiaca dovrà sapere dove acquistare gli alimenti di cui necessita lungo il percorso, e l’ipovedente dove si trova il negozio di ottica. Tutto questo richiede la costruzione, lungo i principali itinerari, di vere e proprie reti di ospitalità, oltre a un grande lavoro sulla comunicazione, attività che sono tra le mission di Free Wheels Onlus. L’associazione, che entra oggi a far parte del nostro network, è “punto di riferimento per tutte le persone che desiderano intraprendere cammini e itinerari religioso-culturali a livello europeo, con la piena conoscenza dei percorsi, delle strutture ricettive e dei servizi al viaggiatore”.
L’accessibilità universale è dunque una questione di inclusione e dignità, per adeguare anche il nostro paese agli standard europei, dove le persone con disabilità non sono relegate a una sorta di riserva indiana, ma dove l’esperienza unica ed emozionante del cammino può essere condivisa da tutti.